5. Damasco – Baalbek – Beirut – Byblos – Trablos
Un grande viaggio in treno da Verona all’Oriente dai sogni di un ragazzo negli anni ’50. Parte quinta
Sospendemmo per qualche giorno e ci ritrovammo all’inizio di giugno nel giardino con un’esplosione di fiori e piante e soprattutto con le ciliegie mature, che erano in raccolta, pronte per fare torte e marmellate.
Io: “Spero che la tua governante per l’ultima puntata di domani ci prepari una favolosa torta alle ciliegie!”
Prof: “Vediamo, chiederò.
Ormai ero oltre la metà del viaggio e sulla strada del ritorno, ma il problema era come muoversi per arrivare ad esempio alla capitale della Siria, Damasco e da lì andare in Libano.
DAMASCO
Tornando a Baghdad, chiesi all’autista quanto mi sarebbe costato andare in taxi a Damasco. E’ troppo lontano, mi rispose, sono quasi mille chilometri, ma può prendere i bus che vanno a Damasco ogni due notti. Una notte va ed una notte ritorna e mi accompagnò a prendere il biglietto per la sera dopo. Questo bus era veramente straordinario e contrastava con la poverissima stazione degli autobus: una carrozzeria di un lucido alluminio bombato e dotato di quattro ruote gigantesche.
Mi trovai un comodo sedile vicino ad un finestrino e partimmo puntuali alle 19.
Scoprii più tardi, che questi straordinari veicoli appartenevano ad una società libanese, che ne aveva acquisito una flotta, per trasportare alla Mecca i pellegrini che arrivavano, via mare, nei vari porti.
Dormii tutto il viaggio, aprendo solo un occhio quando durante la notte il bus si era fermato in una baracca in mezzo al deserto.
Arrivammo a Damasco la mattina e lasciai questo mezzo fantastico, tutto coperto di polvere, per incamminarmi verso una piazza, che scoprii essere quella della stazione ferroviaria.
La prima impressione di questa antica città era di stare per lasciare il mondo arabo, per avvicinarmi ad una citta più europea.
Anche a quell’ora della mattina si vedevano circolare delle auto in decenti condizioni e, soprattutto, c’era qualche raro negozio. Questa mia prima impressione, fu subito confermata quando, arrivando
sulla piazza, vidi un paio di caffè, con i tavolini all’aperto, dove mi accomodai con grande sollievo.
Damasco aveva mantenuto qualche gradevole abitudine francese. Mi servirono un caffe filtrato e degli ottimi croissant, che gustai con piacere.
Mi informai dal cameriere se ci fosse un ostello della gioventù o una casa dello studente e, con mia sorpresa, assentì e mi indico la strada.
Era in realtà un semplice hotel, probabilmente di un suo parente, dove potei trovare una stanza per la notte.
Il padrone mi chiese se avessi bisogno di una guida, perché suo figlio sarebbe stato disponibile. Ovviamente accettai e passammo una bella giornata al Museo ed alla famosa Cittadella.
Il giorno dopo, mi informai come andare a Beirut e scoprii che proprio dalla piazza, tutte le mattine partiva un bus turistico, che andava prima a Baalbek e poi in Libano.
La mattina dopo tornai al solito caffè. Dopo poco, arrivarono dei francesi in attesa del pullman per Baalbek e quindi attesi con loro. Arrivammo dopo circa un’ ora e l’autista disse che si sarebbe fermato una mezzora, prima di proseguire per Beirut. Tempo per un caffè, urlò.
Ho avuto solo il tempo per vedere da lontano il tempio di Giove, quando un lungo suono di clacson mi richiamò sul pullman. L’attraversamento della catena di montagne, che separa la Siria dal Libano, durò un’altra ora ed arrivammo a Beirut.
BEIRUT
Qui la sorpresa fu ancora più grande, per la sensazione di essere ritornato in Europa.
Avevo lasciato il mondo arabo alle spalle ed ero in una ricca città di mare, piena di traffico, di belle macchine, di vetrine e di caffè.
Beirut, stretta come Genova, tra le colline ad oriente ed una ridente costa mediterranea, appariva una città piena di vita e queste prime impressioni furono confermate durante il mio soggiorno in città.
Trovai un taxi e chiesi di portarmi dal Nunzio Apostolico, dove fui accolto dal segretario del Nunzio, il quale mi volle ricevere e sapere dei miei studi e dei miei programmi.
Mi offri da bere, mi diede una lettera per il convento della Nostra Signora del Libano e 50 lire libanesi.
Il convento era in una posizione stupenda, un centinaio di metri a monte dell’elegante Residenza del Nunzio.
Mi aprì Madre Angela, la madre guardiana del monastero, che mi sistemò nel reparto maschile, dove incontrai subito alcuni ragazzi libanesi di Trablos (Tripoli) , che erano ospitati, per poter frequentare l’Università.
Madre Angela mi chiese da dove venivo e quale era la ragione della mia visita a Beirut e fu felice di sapere che venivo da Verona, perché era nata in un paesino del padovano ed aveva studiato teologia a Venezia. Mi invito al refettorio, dove tre ragazzi stavano mangiando una minestra e chiese loro di farmi compagnia.
I tre ragazzi studiavano ingegneria civile all’università cattolica e mi raccontarono della situazione politica del Paese, che era suddiviso equamente tra arabi e cattolici, tanto che era stato raggiunto un accordo tra i due maggiori partiti, per cui se il Presidente della Repubblica era di una parte politica, il primo ministro sarebbe stato dell’altra.
Dissero, con orgoglio, che la situazione era molto stabile rispetto a quella degli altri Paesi del Medio Oriente e che il paese aveva un grande sviluppo economico, essendo: la Svizzera del Medio Oriente.
Mi invitarono ad andare con loro a fare il bagno, ridendo della separazione tra ragazzi e ragazze, aggiungendo che la chiesa cattolica era in Libano molto influente, e che la loro Università era la più quotata.
Camminando verso il mare, mi sentivo veramente in un altro mondo. Andammo nella spiaggia vicina ai Faraglioni dove, dal padrone di un chiosco di legno, mi trovarono un costume da bagno. Non c’erano cabine, solo una specie di paravento, dove lasciammo i vestiti.
Ero preoccupato per i miei dollari e per il passaporto, che nascondevo in una borsa di stoffa alla vita, e quindi nuotavo con lo sguardo fisso verso terra.
Tutto andò bene, perché, subito dopo il bagno, arrivarono tre amiche ed i
sei mi salutarono, dicendomi che ci saremmo incontrati a cena. Potei quindi rivestirmi, restituire il costume e fare un ottimo pranzo in quel piccolo chiosco.
Feci molte foto di quella magnifica spiaggia, quasi deserta. Fu uno dei momenti più felice del mio viaggio.“
Io: “Dopo aver viaggiato per giorni su treni, autobus, taxi e con la tensione di cercare un posto dove dormire e mangiare una passeggiata a mare, una spiaggia e compagnia di ragazzi della stessa età, rilassano molto!”
Prof:” Dopo una passeggiata tra le lussuose vetrine del centro di Beirut, tornai al convento, dove Madre Angela mi offrì una merenda, chiedendo se fossi disponibile a raccontare dei miei studi alle loro novizie. Non si preoccupi per la lingua, capiscono tutte l’italiano.
Mi disse che la cena per gli uomini sarebbe stata servita alle 18.30 e che avrei potuto parlare alle novizie dopo la loro cena, verso le 20.
Alla cena fu servita la solita ottima minestra ed alla fine mi trovai a parlare con gli universitari, che volevano ascoltare la mia relazione, dove raccontai il mio percorso universitario ed il mio futuro.
La mattina dopo vidi suor Angela che. con un paio di novizie, stava caricando un furgone ed andai ad aiutarla, mi chiese se volevo andare con loro al Santuario, dove si aveva una bella vista della baia. Mi fece sedere davanti e partimmo verso il Santuario, che si trova a nord della citta, su di una collina sopra la baia di Jounieh.
Era la zona delle belle ville e delle Residenze ed il salire per quella strada, in mezzo a giardini di limoni era veramente gradevole. Avevamo portato delle scatole di libri, che servivano ad arricchire la biblioteca del seminario adiacente al Santuario. La costruzione era imponente ed aveva una gigantesca terrazza, dalla quale si vedeva tutta la costa.
Madre Angela mi illustrò le varie località, sottolineando, a nord, il porto di Byblos, considerato il cantiere navale dei Fenici, dove, tremila anni fa, furono costruite le prime grandi navi con il legno dei cedri del Libano. Per andarci, mi disse, devi comperare il biglietto dell’autobus nella città vecchia.
Vale la pena di visitare anche il castello ed il piccolo museo.
Da quella terrazza, feci molte foto e tornammo al convento, per il pranzo.
Nel pomeriggio andai nella citta vecchia a comperare i biglietti e la mattina dopo tornai nella piazza sentendo una voce che gridava: Byblos,Byblos. Per fortuna il viaggio fu piuttosto breve, perché l’autobus era affollato.
A Byblos non c’era molto da vedere. Il piccolo porto sorvegliato dal castello era deserto ed il museo era chiuso. Fui però subito avvicinato da un ragazzino, che mi chiese se lo volessi visitare e con un dollaro tutte le porte furono aperte. Mi soffermai su alcuni polverosi reperti in legno di cedro, che mostravano una perizia straordinaria.
Mangiai in piedi in una tazza un’eccellente zuppa di pesce e ripresi il prossimo autobus che risaliva la costa verso quella, che conoscevo dai tempi della scuola come Tripoli di Siria, che invece è in Libano e che qui chiamano: Trablos.
Il viaggio lungo la costa del mediterraneo è stato molto bello, con diversi punti panoramici e molti piccoli villaggi. Lo scassato autobus si fermava di continuo, cosi che impiegammo tutto il pomeriggio per fare i cinquanta chilometri del percorso.
Al convento mi avevano spiegato come arrivare all’ultimo boschetto dei famosi cedri del Libano, detti i Cedri di Dio ossia da Trablos, si prende l’autobus per le Grotte di Kadisha.
A Trablos, ci fermammo nella piazza vicino al porto e un ragazzino mi
portò in un alberghetto, dove un anziano arabo mi diede una stanza, con un bellissimo balcone sul porto. L’albergo sembrava vuoto.
Mangiai un panino che mi aveva dato Madre Angela, misi il mio solito cuneo di legno sotto la porta ed andai a dormire.
La mattina, appena mi vide, l’anziano chiamò ancora, ma invece della giovane della sera, arrivò un ragazzo, che mi chiese cosa volevo mangiare, offrendomi una piadina arrotolata piena di un formaggio bianco.
Ci sedemmo su una lunga pietra davanti alla porta e bevvi un ottimo caffè.
Il ragazzo parlava un buon francese e quando gli spiegai che ero italiano e che facevo un viaggio premio, corse a chiamare il nonno, che arrivò con la ragazza e due donne, che portavano delle sedie e così sulla strada si formò così un piccolo circolo.
Mentre rispondevo alle sue domande, il ragazzo traduceva ed il trio delle donne ed il vecchio assentivano con dei sorrisi.
Imparai tante cose.
Prima di tutto che la citta non era di religione mista, ma completamente musulmana sciita, che era la più antica del Paese e che non c’era nessun mezzo per andare a vedere i cedri.
Potresti andare alle grotte, mi dissero e poi ci sarà da camminare un’ oretta. Mi spiegarono che alla base del monte dei cedri c’erano le grotte sacre di Kadisha e che un paio di volte a settimana, un bus portava le persone a visitarle.
Seppi che il primo bus per le grotte sarebbe partito dopo due giorni e quindi dovetti aspettare, ma questa attesa si rivelò interessante.
Passai, infatti, diverse ore in una famiglia araba, che mi ha riempito di gentilezze, in cambio della mia risposta ad una miriade di domande su come era la vita da noi, quali erano i rapporti familiari, i negozi, gli sport, i teatri e così via.
Il bus per le grotte partì verso le dieci ed il figlio mi volle accompagnare. Impiegammo circa un ora ed all’arrivo trovammo due banchetti che vendevano bibite e montone arrosto.
Il ragazzo chiese all’autista quanto si sarebbe fermato e la risposta fu tre ore, quindi dovevamo correre. Le grotte erano a varia altezza e sembravano molto estese, ma il bus si era fermato all’ingresso principale che era a circa 750 metri di altezza mentre i cedri erano a più di 1000 metri. Arrivammo senza fiato, provando una grande delusione.
I Cedri di Dio, come erano chiamati questi residui della famosa foresta, erano un boschetto di poche decine di alberi, posti su di un fianco mal recintato della montagna, ma alcuni alberi erano veramente maestosi.
Mi ero tolto una vecchia curiosità, che avevo in testa da quando mia madre mi aveva fatto leggere un grande libro sulla storia biblica, dove campeggiava un disegno della grande foresta di cedri del Libano.
Il giorno dopo, ringraziai gli amici arabi, che mi salutarono commossi, e presi il treno per Aleppo”.
Io:” Adesso sono tutelati. Dal 1998 i Cedri di Dio sono inseriti nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.”
Approfittando delle lunghe giornate estive, sospendemmo i racconti per una frugale cena consumata in giardino e passammo la serata chiacchierando piacevolmente.